Michelle Garcia Winner - Traduzione di Vania Ferraro
Fino a pochi anni fa, quelli di noi che lavoravano nella sfera dell’autismo, iniziavano appena a prendere in considerazione le abilita’ sociali. Il fatto che dei bambini nello spettro dell’autismo (ASD) non imparassero guardando gli altri, non comprendessero che diverse persone hanno reazioni differenti al mondo che li circonda...
Fino a pochi anni fa, quelli di noi che lavoravano nella sfera dell’autismo, iniziavano appena a prendere in considerazione le abilita’ sociali. Il fatto che dei bambini nello spettro dell’autismo (ASD) non imparassero guardando gli altri, non comprendessero che diverse persone hanno reazioni differenti al mondo che li circonda e che certe abilita’, che la maggior parte di noi sembra imparare per osmosi (come per esempio condividere un gioco, o cosa non dire alla maestra,) era una novita’; una sfida che andava combattuta con insegnamenti concreti, ripetitivi e tanta pazienza.
Oggi giorno abbiamo fatto passi da gigante nell’insegnamento delle abilita’ sociali (come per esempio insegnare le azioni sociali appropriate) e i programmi formali, accompagnati da libri-manuale con dettagliate istruzioni, abbondano. I genitori e gli insegnati colgono l’importanza della necessita’ di incorporare degli obiettivi “sociali” nel programma educativo individuale (IEP) del bambino.
Ma qualcosa ancora manca. Esiste un pezzetto del puzzle delle abilita’ sociali che rimane ancora nebuloso, e a volte incomprensibile. Si tratta del Pensiero Sociale, un concetto il cui ruolo nell’insegnamento e nell’apprendimento all’interno della comunita’ autistica si sta apprezzando solo ora fino in fondo.
Ma cos’e’ il pensiero sociale? Cosa significa “pensare socialmente”? Proviamo a spiegarlo il piu’ semplicemente possible.
Avete mai notato come fate attenzione alle parole che scegliete quando vi trovate in un colloquio di lavoro o quando, molto discretamente, controllate il vostro orologio mentre qualcuno vi sta parlando? E quando invece vi trovate in un ambiente nuovo, tra sconosciuti? Qual e’ la prima cosa che fate? Guardate gli altri e cercate di “mimare” le loro azioni (o evitare quelle azioni, a seconda di come vengono recepite dagli altri). Questo e’ pensare socialmente. E’ quello che facciamo prima di agire.
Senza nemmeno rendercene conto, la maggior parte di noi, persone “neurotipiche” (NT, ossia che si sviluppano secondo le tappe normali dell’apprendimento), sviluppa una “vocina sociale interna” (‘inner social coach”). Questa vocina inizia a svilupparsi nell’infanzia e continua ad evolversi in modo continuo durante la nostra vita. La sensibilita’ sociale che acquisiamo ci permette di negoziare e muoverci nelle diverse, e in continuo cambiamento, interazioni sociali. Senza avere bisogno di ordini diretti, impariamo come comportarci in presenza degli altri. All’inizio, da bambini, possiamo commettere delle gaffes perche’ non conosciamo tutte le “regole” sociali, ma ben presto impariamo abilita’ piu’ sofisticate. Apprendiamo che le interazioni sociali implicano ben piu’ del semplice comportamento esterno. Il successo dei nostri rapporti dipende da una danza vigile di messaggi, tra le persone coinvolte, in cui vengono considerati i bisogni propri, quelli degli altri, la storia (se c’e’) che lega le persone, e i pensieri che pensiamo sugli altri durante lo scambio. Piuttosto complicato, no? E in costante cambiamento! Un bambino neurotipico impara che quando il suo compagno di gioco si volta da un’altra parte con il corpo o incomincia a guardarsi intorno, significa che si sta annoiando e che deve pensare a qualcosa di divertente per riavere la sua attenzione. Da adulti impariamo ad aspettare che il nostro capo sposti il suo sguardo da un’altra parte prima di controllare il nostro orologio.
La nostra abilita’ di prendere in considerazione i punti di vista degli altri, di capire come il nostro comportamento determina cosa gli altri pensano di noi e che noi possiamo modificare la loro opinione (in bene o in male), non e’ qualcosa che viene insegnato direttamente. E’ una cosa che si impara intuitivamente attraverso l’esperienza sociale e grazie alla nostra mente, programmata sin dalla nascita a funzionare in questo modo. Gia’ da neonati, il nostro apprendimento sociale e’ attivo: il bambino si rivolge alla mamma come fonte di informazioni (devo aver paura di questo nuovo ambiente? Questa persona e’ fidata?). A un anno di vita i bambini iniziano a indicare al genitore qualcosa che li interessa al fine di condividere con loro la gioia che provano. Gia’ capiscono che, se qualcosa e’ divertente per loro, lo deve essere anche per gli altri. Le sfere della comunicazione e delle esperienze condivise si allargano sempre piu’. Impariamo che gli altri hanno emozioni e pensieri e, con la maturazione, diventiamo sempre piu’ raffinati nel determinare i motivi delle persone, le loro esperienze e conoscenze, personalita’ e ideologie.
Il pensiero sociale e’ necessario ogni qualvolta condividiamo uno spazio con gli altri, anche se non necessariamente interagiamo con loro. Molto spesso modifichiamo il nostro comportamento basandoci su quello che l’altra persona potrebbe pensare di noi. Vi e’ mai capitato di cambiare marciapiede per non incrociare una persona che vi sembra un po’ sospetta? E vi siete mai trovati ad evitare lo sguardo di qualcuno, fingendo di non vederlo, allo scopo di sottrarvi a una conversazione con loro?
Il pensiero sociale avviene anche in altri contesti: lo usiamo quando leggiamo un libro per capire le azioni e i motivi dei personaggi; quando scriviamo; quando guardiamo la televisione; quando ripensiamo a un incontro con qualcuno, alla conversazione che abbiamo avuto e che magari non e’ andata come ci aspettavamo.
Per le persone neurotipiche puo’ essere difficile capire cosa significa l’incapacita’ di apprendere le abilita’ sociali. E’ cosi’ naturale per loro che, immaginare un qualunque altro modo di apprendimento risulta forse impensabile! A scuola si insegna fondamentalmente dando per scontato e basandosi sulla struttura del pensiero sociale. Ma come fare per quei bambini che non hanno naturalmente questa struttura? Come insegnargliela?
Il pensiero sociale e le abilita’ sociali inerenti possono essere piu’ o meno limitate nelle persone nello spettro dell’autismo, o con disturbi non verbali dell’apprendimento, o di iperattivita’ (ADHD). Queste persone incontrano difficolta’ nel considerare e nel rispondere alle diverse informazioni sociali. Nelle persone piu’ limitate socialmente, come per esempio quelle diagnosticate strettamente autistiche, possono essere totalmente inconsapevoli del fatto che gli altri hanno pensieri diversi. Alcuni bambini iniziano una conversazione a meta’ di una frase perche’ pensano che chi gli sta intorno sia a conoscenza di quello che loro stavano pensando in quel momento e che condividano quegli stessi pensieri (quindi danno per scontato che tutti sappiano esattamente di cosa stanno parlando). Gli individui autistici ad alto funzionamento o con syndrome di Asperger rappresentano una doppia sfida: possiedono una intelligenza e capacita’ verbale che inducono erroneamente a credere che il loro pensiero sociale sia comunque allo stesso livello; ma questa e’ spesso una deduzione errata. Pur essendo consapevoli che le altre persone hannno pensieri diversi dai loro, questi individui faticano ad interpretare tali pensieri e a rispondere in maniera adeguata in una interazione sociale che dura pochi secondi (troppo veloce per loro!) Questi bambini e adulti combattono disperatamente cercando di dare un senso al mondo sociale che li circonda, magari senza alcun supporto da parte dei servizi scolastici o sociali perche’ non riconosciuti come disabili.
In questa serie di articoli, esploreremo il significato del pensiero sociale e discuteremo alcuni modi pratici ed efficaci di insegnamento delle abilita’ sociali per gli individui nello spettro dell’autismo. Verra’ illustrato come le informazioni sociali non sono statiche, ma fanno parte di un sistema sinergico di pensieri e azioni le cui regole fluttuano tra sfumature e sofisticazioni che variano con l’eta’ e nei diversi contesti. Il pensiero sociale non offre un copione fisso; offre invece una guida con varie scelte e strategie offerte ai nostri studenti per interagire e risolvere problemi sociali. Quando i pensieri dietro alle loro azioni incominceranno a cambiare, noteremo come le loro azioni sociali iniziano a migliorare in maniera esponenziale.
L’insegnamento del pensiero sociale e delle abilita’ sociali inerenti non e’ un approccio lineare, facilmente divisibile in una serie di fasi che si possono ripetere esattamente allo stesso modo all’infinito. Questa e’ la sfida, ed e’ questo che rende l’insegnamento ai bambini ASD un’avventura creativa e coinvolgente!
Michelle Garcia WinnerLogopedista (CCC-SLP) di fama internazionale e’ considerata una terapista innovatrice nel trattamento di persone con difficolta’ dell’apprendimento sociale. E’ inoltre un’ autrice prolifica, un’ insegnante appassionata e una relatrice entusiasta. Nel suo studio-clinica privato a San Jose, (California), Michelle e il suo team di logopediste offrono consulenza e terapie individuali e di gruppo, a servizio delle famiglie e delle scuole.